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Il cinipide galligeno: è il vero problema della castanicoltura?

Si affollano sui vari giornali cartacei e online, articoli ed interventi sul problema dei castagneti da frutto. Anche l’associazione Gigaro 88, confermando il suo ruolo di attento osservatorio ambientale del territorio Piceno, vuole esprimere il proprio parere.
Viene sempre ribadito da tutti che circa il 90% dei castagneti da frutto presenti nelle Marche si trova nella provincia di Ascoli Piceno.
Il castagneto da frutto è un agrosistema delicato e fragile, di grande valore paesaggistico, capace di svolgere tante altre funzioni oltre quella produttiva di frutti. La potenzialità dell’intero paesaggio del castagno va oltre la mera produzione di frutto. Ma poveri castanicoltori!… quanta fatica per coltivare la loro “difficile” terra e quante competenze per gestire un ecosistema molto delicato, per di più presente all’interno dei parchi naturali. Prima il cancro americano e il mal dell’inchiostro del castagno, due gravi malattie fungine che hanno falcidiato molti castagneti, adesso si aggiunge la famosa “vespa cinese” che, insieme alle condizioni ambientali avverse, ha ridotto drasticamente la produzione. I castanicoltori sono preoccupati, l’Associazione con a capo Ascenzio Santini, che si è costituita alcuni anni fa con lo scopo di valorizzare questo prezioso frutto, continuamente promuove incontri, coinvolge gli amministratori a tutti i livelli, denuncia la scarsa attenzione che la Regione Marche ci rivolge. Ma come al solito sembra di assistere alla solita scena che riguarda anche altri disastri ambientali: tutti, il giorno dopo, si affannano a dire che con la prevenzione si sarebbe speso di meno. È vero che l’insetto cinipide ha determinato grandi danni (si parla della riduzione anche del 70% della produzione), ma problemi simili a questo e forse anche peggiori ci sono sempre stati in passato, per tutte le colture. Sarà sempre così, a maggior ragione nell’era della globalizzazione in cui si scambia tutto e, quindi, anche gli insetti brutti e cattivi (definizioni che non valgono in ecologia) come l’insetto cinese. La chimica non li ha vinti ed oggi molti operatori si stanno indirizzando verso forme di contenimento ecocompatibili e sostenibili. Umilmente, vorremmo dare un consiglio a chi opera nel settore, ma anche ai politici che adesso si affannano a partecipare a tutti gli incontri sul cinipide del castagno. Cerchiamo di avere l’onestà intellettuale di dire come stanno realmente le cose a chi non è del settore e legge i comunicati stampa. La crisi del settore è più antica e complessa, non viene dal cinipide, che pure rappresenta l’ultima batosta su cui è necessario, anche se molto difficile, intervenire. Che cosa percepiscono i  consumatori del problema del cinipide e della situazione dei castanicoltori, quando possono comunque comprare i marroni stranieri, spacciati per locali,  persino a ridosso del caffè Meletti; caldi, belli, tutti uguali, ben cotti, che si spellano con facilità? Che gliene frega al cittadino se vengono dalla Turchia e sono più insipidi dei nostri o, magari, trattati con pesticidi: c’è qualcuno che ha la volontà di spiegarlo? È già questo un problema più grave del cinipide! Come è grave il fatto che la Regione Marche sottovaluta il problema: i fondi che lo Stato sta erogando alla nostra Regione, anche per combattere il cinipide, sono pochi perché il loro riparto dipendeva dai progetti presentati dalle Regioni stesse. Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio e Sardegna hanno già realizzato campi per la riproduzione di insetti utili da impiegare nella lotta biologica della vespa cinese, convogliando molte risorse. La nostra, purtroppo, è intervenuta con grave ritardo. Questo è il parassita più grave, altro che vespa cinese!
È su altre patologie che dobbiamo concentrare gli sforzi, solo così possiamo iniziare a risolvere i seri problemi di un frutto-gioiello della Terra Picena che l’Amministrazione Provinciale promuove nello stupendo scenario di Piazza del Popolo nelle prime giornate di dicembre. Anzi, con un paradosso, il cinipide potrebbe essere finalmente un’occasione per sensibilizzare in modo serio ed efficace l’opinione pubblica e gli amministratori sulla castanicoltura in generale, senza perdere tempo prezioso.  Il problema va però affrontato in modo diverso da come si sta facendo: ai “programmi di facciata” vanno affiancate azioni concrete di pianificazione e gestione attenta dell’intero paesaggio castanicolo che facciano crescere l’intero territorio. È stridente partecipare a simposi e tavole rotonde sulla vespa cinese e vedere, nei paesi che sono la culla del marrone pregiato e di prestigiose maestranze della lavorazione del legno di castagno, case con gli infissi di alluminio e legnaie con le coperture in plastica o, peggio, in eternit. Che immagine per il turismo enogastronomico, naturalistico, termale, che spot per i nostri “pregiati marroni”! È come servire un’ottima pietanza in un piatto crepato.
Dalla diagnosi alla terapia: dobbiamo unire le forze, con la consapevolezza che ciò che i castanicoltori fanno nell’ambiente in cui operano è anche nell’interesse di tutti.  Va dato onore alla loro costanza, ai sacrifici e alle capacità, ma vanno anche aiutati, sostenuti, incoraggiati a continuare e migliorare l’opera di custodire i castagneti e, soprattutto, a cercare sinergie con altre realtà del territorio, coinvolgendo in ogni modo i giovani. Solo recuperando la biodiversità di risorse umane e quindi l’entusiasmo e l’amore per la nostra terra, potremo mobilitare indispensabili risorse economiche per curare un comparto in crisi, affrontando senza attacchi di panico quegli insetti e patogeni esotici già pronti ad imbarcarsi verso l’Italia. 
Dryocosmus kuriphilus: vespa cinese del castagno

I fiumi e il dissesto idrogeologico

I nostri timori, scritti in un precedente articolo, erano fondati.  I fatti accaduti in Liguria, a Messina ed in altre parti del nostro delicatissimo territorio, attribuibili in massima parte ad una sbagliata pianificazione e gestione del territorio, invece che servire di ammonimento, porteranno ad azioni peggiorative per il territorio.  Ci auguriamo che le dichiarazioni comparse sui giornali locali a proposito del summit sui rischi idrogeologici a cui hanno partecipato l’assessore provinciale alla protezione civile Giuseppe Mariani, i sindaci piceni,  Aurora Monadi della Prefettura, Achille Cipriani, comandante provinciale dei vigili del fuoco e Renzo Feliziani del Corpo Forestale dello Stato, siano il frutto di una “svista” o dell’inevitabile taglio che i ridotti spazi del giornale spesso richiedono. Dichiarazioni “pesanti” se si considera che esse nell’articolo hanno il conforto di un consesso formato da importanti personalità. Si afferma che “i problemi maggiori, durante l’ultima alluvione, sono stati provocati dai fossi che, essendo infatti spesso ostruiti dalla vegetazione, creano pericolosi tappi….”. Che messaggio arriva quindi ai cittadini? La colpa  di tutti i problemi è delle piante; bisogna pulire i fossi e quindi, automatica conseguenza, esse vanno tagliate perché l’acqua deve scorrere più velocemente possibile.  È assurdo generalizzare, quindi banalizzare, un problema così articolato e complesso. Si è dimostrata fallimentare la strategia della “bella pulizia di fossi, canali e corsi d’acqua in genere” che ha portato ruspe lungo le sponde, movimenti di terra ed asportazioni esagerate, canalizzazioni, cementificazioni ed arginature inutili e fragili, disboscamenti totali, con benefici di breve durata sicuramente inferiori ai costi (includendo anche quelli ambientali). Speriamo che l’assessore non includesse anche i fossi delle zone collinari e montane, i compluvi  e le scarpate che invece dovrebbero essere indirizzati verso una rinaturalizzazione,  secondo criteri scientificamente corretti, sicuramente vantaggiosa per tenere a freno il dissesto idrogeologico e migliorare l’assetto ecologico e paesaggistico del territorio. Chiediamo ai partecipanti al summit: è colpa delle piante che fanno da tappo o dei colli della bottiglia (lo spazio per il fiume) che sono troppo stretti? Certo che i fossi vanno puliti dai rifiuti o dai tronchi, ma la vegetazione viva, le canne lungo gli argini non possono essere la causa del dissesto, anzi la loro funzione è quella di contenere l’acqua evitando danni ingenti più a valle. Se è vero che, purtroppo, i corsi d’acqua sono ormai compromessi e soffocati dall’uomo al punto che l’acqua può diventare una “bomba distruttiva”, non è mai la completa eliminazione della vegetazione la soluzione da proporre, tantomeno con dichiarazioni così  assolute che possono costituire una “bomba distruttiva” di gran lunga peggiore.

Aspettando la prossima alluvione..

Immagini del Fiume Tronto nei pressi del cavalcavia di Viale del Commercio, devastato da “lavori di ripulitura” nel 2007.
In questo periodo di disastri e tragedie umane provocati dalle ennesime alluvioni che devastano la nostra martoriata penisola, non può che tornarci alla mente il fiume di casa nostra: il fantastico Fiume Tronto. Dopo aver attraversato tre regioni e percorso più di 100 km, esso si getta pigramente nel piccolo paradiso naturale nostrano che è la Riserva Sentina. In realtà quasi tutti sanno che il Tronto, sebbene sia un fiume piuttosto tranquillo, spesso e volentieri e ultimamente sempre “più spesso e più volentieri” rompe gli argini e si riprende lo spazio che gli è stato sottratto dall'uomo e dalle sue attività nel corso dei decenni. Le cause di tutto ciò sono ormai ben note a tutti: non è il fiume che è “cattivo” ma piuttosto l'uomo ad essere superficiale ed approssimativo, col risultato che quando poi il fiume si riprende il suo spazio, anche se solo per qualche giorno o per poche ore, i danni sono ingenti. E purtroppo poi sarà l'intera collettività a dover pagare i danni di chi ha autorizzato a costruire stabilimenti e case in zone esondabili. Già da qualche decennio si stanno sperimentando con successo, anche nel nostro paese per fortuna, modelli di gestione “integrata” dei corsi d'acqua, a seguito di norme europee e nazionali che finalmente indirizzano verso un approccio olistico per la gestione dell'ecosistema fluviale. In pratica un fiume gestito bene da un punto di vista naturalistico cioè con la vegetazione giusta nei posti giusti, costellato di laghetti e lanche pieni di vita, con spazi adeguati per esondare e privo di alvei cementificati, e spesso con l'apparente disordine della natura, è anche più sicuro per quanto riguarda gli aspetti idraulici. L'approccio integrato infatti implica la presenza di figure professionali specializzate come botanici, zoologi, idrogeologi, ad affiancare le classiche figure degli ingegneri e geometri, che troppo spesso non hanno combinato nient'altro che guai. Lo scorso anno l'Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Tronto ha redatto ed illustrato un progetto preliminare che andava nella giusta direzione e cioè, recependo la complessa normativa in materia, ha proposto una progettazione di ampia scala riguardante l'asta del Tronto da Ascoli alla foce, prevedendo casse di espansione, ampie zone con vegetazione naturale e zone umide, espropri di aree private in alveo, ecc. Tuttavia, come spesso accade nel nostro bel paese, i progetti migliori rimangono nei cassetti, per la poca voglia di innovare e aggiornarsi e perchè è più comodo continuare a fare come si è sempre fatto. Ci auguriamo che le ennesime alluvioni che hanno devastato il nostro paese e che ci hanno indotto a realizzare il nuovo ponte sulla statale adriatica che collega Martinsicuro a San Benedetto del Tronto, in modo da lasciar defluire liberamente le acque in piena del Fiume Tronto, abbiano rinfrescato anche la mente dei nostri politici e amministratori, nel far imboccare loro la strada giusta benchè tortuosa come quella di un fiume naturale.

Il Parcheggio di Via Colombo: a opera conclusa ecco come la pensa Gigaro 88

Dopo tanti articoli polemici apparsi in questi giorni sulla stampa a proposito del parcheggio di via Colombo, anche l’associazione Gigaro88 vuole intervenire, evitando di ripetere cose già dette a proposito dei rapporti con la SABA, gli emendamenti, la legge Mancia, le conoscenze con Gasparri, ma sintetizzando  la sua valutazione come  osservatorio territoriale: il parcheggio di via Colombo è una delle peggiori opere realizzate negli ultimi decenni ad Ascoli, ammesso che ci sia qualche opera moderna di un certo valore.
Le motivazioni:
1         Un’opera costosissima a fronte di pochi posti auto in più rispetto a quelli che già esistevano. L’enorme balconata di cemento è servita solo per trasformare il parcheggio a destra di via della Rimembranza (sotto il vecchio ospedale)da lineare in diagonale (appena pochi posti d’auto in più!!).
2         Un’opera di un impatto enorme a cui si aggiungono muri di contenimento realizzati con squallidi prefabbricati modulari di cemento che cozzano con il travertino del centro storico.
3         Tempi lunghi di realizzazione legati alla “sorprese” di ritrovamenti archeologici. Ma come si fa a chiamare sorpresa quella che tutti i cittadini, anche i più distratti, conoscevano in merito ad un sito di grande valore!
4         Un’opera realizzata probabilmente a tavolino senza guardarsi attorno, altrimenti ci si sarebbe accorti che, come già segnalato da tanto tempo da alcune associazioni, il muro di travertino di via della Rimembranza era crollato in alcuni punti e stava continuando a cedere con gravi rischi per persone ed auto.   
5         Considerando i ripetuti danni (per fortuna solo alle auto!!)che in passato anche recente le amministrazioni comunali hanno dovuto risarcire agli abitanti della zona a causa del crollo del muro e degli alberi di Via della Rimembranza, è palese che i soldi spesi per il parcheggio si sarebbero dovuti investire sul recupero della scarpata a monte dell’area di progetto che invece non ha beneficiato di alcun intervento necessario ed urgente per  riqualificare un punto ad alto rischio di stabilità e nel contempo avere gli stessi posti macchina. Doveva essere questo l’intervento prioritario.
6         Adesso i parcheggi blu porteranno più persone a percorrere continuamente via Pretoriana alla ricerca di un posto auto; si tratta prevalentemente di gente che ama arrivare con l’auto fino a piazza Roma, se potesse anche a piazza del Popolo! Così, una delle più importanti e caratteristiche vie di Ascoli , che già adesso è un tunnel inquinato, diventerà invivibile. Alla faccia della qualità della vita e del turismo da incentivare.
Il parcheggio prima del completamento dei lavori
7         Osservando che i parcheggi di Porta Torricella ed ex Gil sono sempre sottoutilizzati, è questa la politica giusta per rendere tutto il centro storico veramente vivibile?

Bando di gara per gli impianti di Monte Piselli

Lunedì 12 Dicembre alle 15.30 presso la sede del Co.tu.ge. in Corso Mazzini avrà luogo la gara per l'affidamento in gestione degli impianti sciistici di Monte Piselli - Tre Caciare. Speriamo che in questo momento di difficoltà per lo sci ascolano, qualche persona disposta a mettere a disposizione oltre che soldi anche passione, riesca a risollevare e valorizzare questa parte importante di Ascoli: la nostra montagna. Gigaro88 è come sempre a disposizione.
La notizia con il relativo bando